Politica immobiliare, nei Piigs solo il 4 per cento di social housing
Secondo l’urbanista Francesco Maria Esposito i paesi che hanno affrontato meglio la crisi economica hanno almeno un 25 per cento di abitazioni di edilizia pubblica. In Italia affittar casa costa il triplo che a Berlino.
Stefania Aoi
Mutuo o affitto portano via fino ai due terzi dello stipendio degli italiani (65 per cento). E così, per 7 connazionali su dieci è ancora questa la spesa maggiore da affrontare. “Serve una politica di regolamentazione dei prezzi del mercato immobiliare. A Berlino, dove questo avviene, una casa costa un terzo rispetto a Milano”, spiega l’urbanista Francesco Maria Esposito.
Presidente e fondatore dell’associazione di studi World – Law, Economics & Architecture e autore del libro “Edificabilità bene comune”, edito da Cacucci e presentato al Festival dell’Economia di Trento, Esposito ricorda che dal 1963 fino al 1985, il costo per una locazione o per una rata di mutuo in Italia incideva solo per il 20 per cento su uno stipendio medio. Oggi, nonostante il prezzo del mattone sia in calo, non tutti possono permettersi di comprare casa. Eppure questa resta tra i primi desideri dei Millenials italiani come confermato da una recente ricerca dell’Istituto Ixè. Un giovane su quattro (tra i 18 e 34 anni) vorrebbe andare a vivere da solo, invece il 75 per cento di coloro che hanno tra i 16 e i 34 anni vive con i genitori e per la metà si tratta di ragazzi che non possono permettersi un alloggio.
L’autore propone, per iniziare, un’economia immobiliare libera da speculazioni e quindi una regolamentazione dei prezzi ad opera dello Stato. E poi la realizzazione di un piano abitativo pluriennale nazionale in grado di assicurare 480mila alloggi in dieci anni a prezzi convenzionati. “Tutti i paesi più virtuosi dell’Eurozona - avverte Esposito - oltre ad una politica di regolamentazione immobiliare, vantano una percentuale di social housing compresa tra 25 al 35 per cento delle case abitate a fronte di una media dei Piigs del 4 per cento”.
Questa carenza di Social housing, secondo l’urbanista, è un altro segnale di una politica abitativa che lascia margine alla speculazione. “I paesi che hanno risentito meno della crisi come Germania, Austria, Danimarca e Paesi Bassi sono quelli che hanno avuto, nel tempo, la capacità di programmare lo sviluppo dell’edilizia abitativa pubblica tutelando l’urbanistica dalla speculazione. – conclude Esposito - Per contro Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia, Spagna che hanno lasciato del tutto libero il mercato immobiliare, senza per altro favorire nessuna politica di social housing, sono tutti paesi in forte difficoltà”.
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